giovedì 31 marzo 2016

Polpo (quasi) sotto la peka per l'abbecedario culinario mondiale



No, niente paura non è un alien redivivo sbarcato nella mia cucina e prontamente cucinato con patate, si tratta di una tipica preparazione culinaria della Dalmazia che mi ha molto incuriosito soprattutto per i commenti estasiati che ho trovato in rete.
La peka più che una ricetta è una modalità di cottura, rudimentale ma efficace, che conferisce alla carne una straordinaria morbidezza e aromaticità lasciandola umida e arrostita allo stesso tempo.
Per cucinare una vera peka ci vuole un camino con braci sapientemente gestite e stabilizzate su una specifica temperatura e, ovviamente, il coperchio in metallo, la peka, che funge da forno, pentola e grill, in mancanza, come suggerito qui, esiste un valido succedaneo col quale portare le atmosfere del piatto anche nelle nostre case.
Non sempre ciò che è bello è anche buono ed è vero anche il contrario :-)
Con questo post partecipo all'Abbecedario culinario mondiale che per la Croazia è ospitato dal blog Ricette e vignette.

1 polpo medio (il mio pesava 650 g.)
650 g. di patate
½ bicchiere di vino
1 cipolla media
1 spicchio d'aglio
olio evo
sale
pepe
prezzemolo
rosmarino
santoreggia

Lavare e pelare le patate, tagliare a tocchetti.
Pulire il polpo e cuocerlo in abbondante acqua bollente salata per 18 minuti.
Trasferire il polpo in una capiente teglia tonda, unire le patate, l'aglio intero, la cipolla affettata sottilmente, gli aromi, il sale, il pepe, completare con qualche giro di olio.
Coprire la teglia con carta alluminio e sigillare con un coperchio da forno dello stesso diametro della teglia. Cuocere in forno ventilato a 180° per 30 minuti, quindi, girare il polpo, versare il vino e cuocere per altri 25 minuti. Bruttino ma squisito :-)

 

venerdì 25 marzo 2016

La pastiera per il calendario del cibo italiano


Non si conoscono le origini della pastiera, densa com'è di simbolismi legati al rinnovamento, alla vita,  sicuramente si riallaccia ai culti ancestrali della fertilità e della rinascita, come del resto il tortano e i casatielli. 
Uova, formaggio, grano, da soli o combinati insieme, sono e rappresentano vita, vita che nasce, che si rinnova, vita da offrire.
Il dolce, almeno nella versione moderna, pare sia nato  in uno dei tanti conventi di Napoli, frutto della maestria e della devozione di una suora pasticcera.
Devozione, perché la pastiera è un dolce che non si improvvisa, necessita di cura, attenzione, tempo e pazienza,  tanta pazienza nell'attendere che che maturi,  che gli ingredienti e gli aromi si fondano sprigionando gli inconfondibili, deliziosi umori, un nettare,  che non può non strappare un sorriso di piacere anche alla più fredda sovrana asburgica.

"A Napule regnava Ferdinando
Ca passava e’ jurnate zompettiando;
Mentr’ invece a’ mugliera, ‘Onna Teresa,
Steva sempe arraggiata. A’ faccia appesa
O’ musso luongo, nun redeva maje,
Comm’avess passate tanta guaje.
Nù bellu juorno Amelia, a’ cammeriera
Le dicette: “Maestà, chest’è a’ Pastiera.
Piace e’ femmene, all’uommene e e’creature:
Uova, ricotta, grano, e acqua re ciure,
Mpastata insieme o’ zucchero e a’ farina
A può purtà nnanz o’Rre: e pur’ a Rigina”.
Maria Teresa facett a’ faccia brutta:
Mastecanno, riceva: “E’ o’Paraviso!”
E le scappava pure o’ pizz’a riso.
Allora o’ Rre dicette: “E che marina!
Pe fa ridere a tte, ce vò a Pastiera?
Moglie mia, vien’accà, damme n’abbraccio!
Chistu dolce te piace? E mò c’o saccio
Ordino al cuoco che, a partir d’adesso,
Stà Pastiera la faccia un pò più spesso.
Nun solo a Pasca, che altrimenti è un danno;
pe te fà ridere adda passà n’at’ anno!”


Non esiste la ricetta della pastiera, ogni famiglia ha la sua pastiera con sapori, aromi e consistenze proprie, specifiche

È un dolce più di casa che di pasticceria.
C’è chi la preferisce ben cotta, chi, invece, più pallidina, chi assolutamente alta, chi, al contrario, solo bassa, chi più umida, chi asciutta, chi “per carità il grano va frullato”, chi abbonda con la cannella e chi ritiene che proprio li non debba andare, ed infine, c’è chi la preferisce con la doppia crema. 
Io sono affezionata ai sapori della pastiera di mia nonna che, ovviamente, si atteneva ad una ricetta che però variava ed aggiustava ad occhio, nell’impossibilità di riprodurla tal quale, negli anni ho sviluppato una mia ricetta che riproduce quei profumi e quelle consistenze ai quali in casa siamo affezionati. 
La ricetta è quella tradizionale, con qualche variazione,  la cottura fa la differenza, la mia pastiera risulta croccante e ben cotta all’esterno ed umida, sugosa ma compatta all’interno,  a noi piace :-)
Con questo post contribuisco alla Giornata Nazionale della Pastiera Napoletana del Calendario del Cibo Italiano AIFB. Nella pagina dedicata al Calendario il sicuramente bellissimo articolo della nostra ambasciatice Francesca Lucisano e meravigliose ricette. 
 

pasta frolla per pastiere di Francesca
1 kg. di farina
6 uova (5 tuorli e 1 intero)
300 g. di zucchero
500 g. di burro
2 bustine di vanillina (in questa versione ho usato i semini di mezza bacca di vaniglia)
la scorza grattugiata di un limone
1 guscio d’uovo di latte
un pizzico di sale

Nel Kenwood, frusta K, velocità 1 – 2, amalgamare velocemente il burro (freddo) a pezzetti con la farina fino ad ottenere uno sfarinato, unire lo zucchero, l’uovo, i tuorli e il sale, azionare ancora la planetaria a velocità 1 – 2 per pochi secondi giusto il tempo di compattare il tutto aggiungendo, se necessario, a filo circa un guscio d’uovo di latte freddo, si otterrà un impasto compatto ma ancora bricioloso. Avvolgere la pasta frolla in una pellicola di plastica e far riposare in frigo per circa un’ora finché non si sarà rassodata.

ripieno
1 lattina di grano per pastiere da 420 g.
100g. di latte
30 g. di burro
la buccia grattugiata di un limone
700g. di ricotta vaccina ben scolata
600g. di zucchero
5 uova intere e 2 tuorli
2 bustine di vanillina (in questa versione ho usato i semini di mezza bacca di vaniglia)
2 fialette di millefiori
un pizzico di cannella
la buccia grattugiata di mezzo limone
150 – 200 g. di frutta candita intera

Versare in un tegame 100g. di latte, 30g. di burro, il contenuto della lattina di grano e la buccia grattugiata del limone. Cuocere a fuoco moderato per circa 10 minuti mescolando. Si otterrà una crema. Raffreddare. Montare (con lo sbattitore elettrico) la ricotta con lo zucchero fino ad ottenere un impasto molto omogeneo e fine. Unire sempre montando le uova, una alla volta, la vanillina, il contenuto delle fialette di millefiori, un pizzico di cannella e la scorza grattugiata di limone. Lavorare bene. Solo alla fine unire la crema di grano e i canditi precedentemente ridotti a pezzettini amalgamare ancora per un minuto.
Stendere la frolla, con essa foderare 3 teglie da pastiera (2 da 24 cm e 1 da 20 cm di diametro inferiore, o 2 da 28 cm) precedentemente imburrate, versarvi il ripieno facendo attenzione a non raggiungere il bordo della teglia (occorre fermarsi circa un dito sotto al bordo), decorare con striscioline di pasta frolla formando il classico motivo decorativo. Cuocere in forno statico a 180° per circa un’ora avendo cura di ruotare le teglie a metà cottura, coprire con alluminio se le pastiere dovessero scurirsi troppo.
Sfornare e lasciare raffreddare. La pastiera come è noto avrebbe bisogno di 3 giorni di riposo per permettere ai suoi aromi di amalgamarsi e fondersi in un’unica fragranza, avrebbe.... nella mia cucina di solito almeno una non riposa, semplicemente raffredda.
Ovviamente residuerà della pasta frolla (è preferibile non dimezzare la dose) che potrà essere congelata ed utilizzata in seguito come ottima base per crostate.


Buona Pasqua

.... e fatemi gli auguri, oggi è il mio compleanno :-)

Per il post ho consultato: 


giovedì 24 marzo 2016

Proposte pasquali per l'Italia nel piatto


Pasqua è alle porte, siamo tutte affaccendate nelle nostre cucine, ormai abbiamo infornato e sfornato quasi tutto :-)
Ecco le mie proposte pasquali per L'Italia nel Piatto.
Con questo post partecipo, per la Campania, all'evento  #RicettePasquali  dell'Italia nel Piatto.

La colomba al limoncello di Salvatore De Riso

La Colomba, il “dolce che sa di primavera” ...
È proprio vero che la pubblicità crea il prodotto, morbida, leggera, profumata è diventata davvero l'emblema della primavera :-)
La colomba, a differenza del panettone, è un dolce recente, moderno, la sua ideazione risale agli anni 30 del '900. Nasce a Milano frutto di esigenze produttive e organizzative e, forse, anche di una geniale di un'intuizione di marketing, non a caso proprio del padre della comunicazione integrata italiana, che tra l'altro è stato anche fondatore dell'Accademia italiana della cucina e, addirittura, di Miss Italia.
Siamo partiti da un lievitato ed abbiamo trovato un pezzo della storia italiana!
Con queste premesse la colomba non poteva che essere il successo che è stato fino a diventare il simbolo stesso della Pasqua in cucina come il panettone per il Natale.
Non sempre ho la possibilità di impegnare un intero week end per lavorazioni difficili e delicate, quando ci riesco la soddisfazione ripaga l'impegno.
Quest'anno mi sono cimentata nella preparazione della colomba al limoncello di Salvatore De Riso.
Soffice, aromatica, deliziosamente intrisa di una sorprendente ganache, è stata una stupenda sorpresa …. infatti è già finita :-)

Primo impasto
140 g. di lievito madre  in forza*
400 g. di farina di forza
140 g. di zucchero
140 g. di acqua
160 g. di burro morbido
40 g. di tuorli freddi (circa 2)

*5 rinfreschi, uno ogni 12 ore nei giorni precedenti all'impasto, 2 rinfreschi a distanza di 6 ore il giorno dell'impasto.

Nella planetaria, velocità minima, frusta a gancio, unire il lievito madre tagliato a fette, lo zucchero e l'acqua. Impastare per 5 minuti, quindi aggiungere la farina, appena la farina inizia ad amalgamarsi unire i tuorli, non attendere troppo, continuare, poi, unendo poco alla volta il burro, aumentando se necessario per qualche minuto la velocità a 1 e riportando poi a minimo. Lasciare incordare l'impasto dolcemente.
Questa fase della lavorazione deve durare non più di 25 minuti.
Trasferire sulla spianatoia, lavorare un po' a mano, quindi trasferire in una ciotola unta di burro, proteggere con pellicola anch'essa unta leggermente di burro. Lasciare lievitare per 12 – 13 ore a 28° cioè in forno con la lucetta accesa.
Secondo impasto
100 g, di farina di forza
230 g. di tuorli (freddi) (circa 12)
40 g. di miele
100 g. di zucchero a velo
160 g. di burro morbido
10 g. di sale
20 g. di acqua
i semini di una bacca di vaniglia
300 g. di limone semicandito, a pezzetti, lasciato precedentemente macerare in alcol e sciroppo (per me limoncello) per 24 ore, poi sgocciolato e asciugato bene.
Al termine della prima lievitazione trasferire il primo impasto nella planetaria, unire lo zucchero a velo e, subito dopo, la farina, impastare a velocità bassa, meno di minimo, per qualche minuto, poi aumentare a minimo. Aggiungere i tuorli poco alla volta, aumentando la velocità a 1 per ripristinare l'incordatura, poi riportare a minimo. Continuare per circa 5 minuti, quindi incorporare poco alla volta il burro aumentando la velocità a 1 per ripristinare l'incordatura, poi riportare a minimo. Continuare per circa 5 minuti. Unire il miele e l'acqua nella quale è stato sciolto il sale, ripristinare l'incordatura. Unire i semini di vaniglia e, sempre a velocità minima la frutta semicandita.
L'impasto deve durare non più di 50 minuti.
Dividere l'impasto in pezzi 2 da 550 g., e 1 da 800 g.
Praticare la prima pirlatura formando tre palle.
Lasciare riposare coperto a temperatura ambiente, ambiente caldo per 1 ora.
Al termine dividere ciascun impasto in 3/3, con 1/3 formare le ali e con i 2/3 il corpo.
Ripetere la pirlatura per ogni pezzo e sistemarli nelle forme.
Lasciare lievitare a 28°, forno con lucetta accesa, per 6 – 7 ore.
Deve triplicare, ma, come si vede anche nel video, non è necessario che arrivi al bordo dello stampo , si fermerà un po' sotto e lieviterà in cottura.
Cuocere in forno statico già a temperatura a 170° per 45 minuti, coprendo, se necessario, con carta alluminio per evitare che scurisca troppo ruotando lo stampo a metà cottura.
Sformare e raffreddare capovolte con l'aiuto di spiedini (io non l'ho fatto).
Il giorno successivo riporre in buste di plastica per alimenti.
Lasciare riposare una giornata.
Per completare
400 g. di cioccolato bianco
200 g. di latte
1 bicchierino di limoncello
limone semicandito
Preparare la sorprendente e buonissima ganache semplicemente montando con un mixer ad immersione la cioccolata ridotta a pezzettini, quasi tritata, e il latte leggermente intiepidito. Lavorare bene il composto, si otterrà una crema ancora fluida ma uniforme, unire il limoncello, montare ancora. Raffreddare circa 2 ore.
Con un becco d'acciaio praticare dei fori nelle colombe, riempirli di ganache mediante un sac à poche. Ricoprire la superficie con il resto della glassa, decorare con il limone semicandito. 

La ricetta di Salvatore De Riso è presa qui e qui,  non possedendo un'impastatrice a bracci tuffanti ma solo un planetaria ho dovuto modificare  la procedura descritta dal Maestro per rientrare nei tempi di lavorazione e non stressare l'impasto.

Dolce pasquale di Agerola


Da alcuni anni è il casatiello di Agerola è entrato a far parte delle consetudini pasquali della mia famiglia.
Qualche anno fa la mia impagabile amica Francesca me ne regalò la ricetta insieme con una “dose” del baking, preparato in farmacia, da allora non l'ho più lasciato :-)
Casatiello” è il nome del dolce, ma in effetti non è tipicamente un casatiello, è un dolce da credenza molto simile alla ciambella emiliana, sodo, friabile ma morbido, delicato e saporito.
Un dolce buono e semplice profumato con gli aromi della nostra terra, rivestito a festa, e ricco di profondi significati simbolici.
La forma, infatti, si ritiene ricordi il monogramma di Cristo, Χριστός, che si compone di due grandi lettere sovrapposte, la “X” e la “P”, poste all'interno di una corona di alloro, segno di vittoria, di resurrezione.
Proprio il collegamento al monogramma dovrebbe denotare l'origine antichissima del dolce, risalente ai legami tra il Ducato di Amalfi e Bisanzio, non a caso nella stessa zona, a Minori, vengono realizzati dolci pasquali dalla medesima forma anche se con un impasto notevolmente diverso.
Di questi altri dolci parleremo la prossima Pasqua, per adesso non lasciamoci intimorire dai simbolismi, una fetta di dolce possiamo tagliarla, è buonissimo e facile da realizzare, siamo proprio in tempo per domenica :-)

Per due casatielli medi
½ kg. di farina
200 g. di zucchero
4 uova intere
75 g. di sugna ( o di burro morbido, io ho usato il burro)
4 cucchiaini rasi di bicarbonato, 2 di cremore tartaro (18 g. complessivi)
la buccia grattugiata di un limone
1 fialetta di millefiori
per completare
zucchero fondente
liquore di anice
diavolini e anicini
Nella planetaria, frusta K, impastare velocemente gli ingredienti a velocità 1 – 2.
L'impasto risulterà piuttosto appiccicoso.
Sulla spianatoia con l'aiuto di un velo di farina formare sei cilindri, due più lunghi e quattro più corti.
Formare i casatielli in due ruoti da pastiera protetti da carta forno del diametro inferiore di 20 cm, sistemando, per ciascuno, il cilindro più grande chiuso a ciambella a ridosso del bordo e i due più piccoli, all'interno della ciambella, a croce. Schiacciare leggermente, infornare a 180° in forno statico già a temperatura per circa 30 minuti. 
Devono dorare leggermente ma non scurirsi.
Sfornare e lasciare raffreddare.


Rivestire con zucchero fondente sciolto a bagnomaria con qualche cucchiaio di liquore di anice, spolverare con diavolini e anicini.

 

Il casatiello dolce 

 



A Pasqua poi non son più dolci quelli
Chiamati cassatelli
Cotti con uova, cacio e provature,
zuccaro fino, acqua di rose e fiori,
e con altra mistura,
come si fanno allor per ogni canto
la sera al tardi del sabato santo"

Come non condividere questo stupore ..... ecco il casatiello dolce, non è bellissimo? ..... quasi un peccato mangiarlo :-)
Nonostante l'apparenza maestosa, è un dolce povero e semplice, un pane dolce vestito a festa, buono di una bontà unica e sorprendente … un soffio di primavera!!!!

Non si può spiegare .... si deve solo provare :-)


500 g. di farina manitoba

250 g. di lievito madre attivo

130 g. di zucchero (il mio è già vanigliato)

5 uova

70 g. di burro morbido

3 g. di sale

80 g. acqua

1 fialetta di millefiori

1 bustina di vanillina

120 g. di frutta candita a pezzetti



copertura

1 albume

zucchero a velo q. b.

diavolini e anicini


Nel kenwood, frusta a gancio, sciogliere il lievito madre nell'acqua a temperatura ambiente, per 5 minuti, prima a velocità minima, poi a velocità 1 quindi a velocità 2.

Continuando ad impastare a velocità 2 unire le uova, una alla volta, quindi la farina, il sale e lo zucchero. Quando il composto si sarà compattato, unire gli aromi ed infine il burro morbido poco alla volta.

Impastare a velocità 2 per 10 minuti e a vel 3 per 2 - 3 minuti. L'impasto deve incordarsi. Unire i canditi impastando ancora brevemente a velocità 2 per 2 minuti.

Trasferire l'impasto sulla spianatoia e impastare ancora per qualche minuto a mano, formare una palla ruotandolo sui palmi delle mani, lasciare riposare coperto per circa un'ora. Al termine, ruotare ancora sui palmi e adagiare l'impasto in una teglia per casatielli dal diametro di base di 16 cm. unta di burro.


Lasciare lievitare coperto (con un foglio formato da più stati di pellicola sovrapposti ed unto o un tovagliolo bagnato e strizzato) fino a che il casatiello non fuoriesca dal bordo della teglia formando la caratteristica cupoletta, circa 6 – 7 ore. 


Cuocere in forno già a temperatura a 180° statico per 45 minuti ruotando la teglia a metà cottura ovviamente fa fede la prova stecchino. Coprire se si dovesse scurire. Ruotare la teglia a metà cottura.



Lasciare intiepidire il casatiello quindi sformarlo, non attendere troppo, queste teglie trattengono l'umidità.

Il giorno dopo preparare la glassa montando con lo sbattitore elettrico l'albume con tanto zucchero a velo quanto basta per ottenere una glassa soda e spumosa (non una meringa) spalmare un sottile strato di glassa sul casatiello (non eccedere altrimenti cola e casca!!!) decorare con i confettini, trasferire in forno già a temperatura 70 - 90°, ventilato, lasciare asciugare per crca 20 minuti. La glassa è inesorabilmente destinata a sgretolarsi .... ma è tanto buona ...



Se lo provate i raccomando non aumentate le dosi dello zucchero, deve addolcire e non coprire esaltando il dolce dolce del candito e della glassa.






 
Il brano tra virgolette è di Giovan Battista Del Tufo" Ritratto o modello delle grandezze, delizie e meraviglie della nobilissima città di Napoli" citato da Leyla Mancusi Sorrentino qui.

Il casatiello sugna e pepe

 




Ci siamo quasi,  fra poco potremo assaggiarlo,  in Campania, già di sabato  intorno a mezzogiorno, tradizionalmente "si scioglie la gloria", il suono delle campane segna la fine dell'astinenza  dalla carne e l'inizio delle celebrazioni della vita che rinasce. Questa rinascita in Campania è rappresentata anche dal casatiello, un lievitato, vita che cresce,  nel quale si sostanzia la natura stessa attraverso ingredienti simbolici quali grano, uova, formaggio .... L'uso di festeggiare il risveglio della natura attraverso la preparazione di pani speciali, arricchiti, sacrificali, è molto antico, risale alle origini greche di Napoli ed è successivamente proseguito con i romani prima di assumere implicazioni religiose col cristianesimo, soprattutto dopo la Controriforma, ora molto più sfumate .... ed è arrivato a noi che ancora aspettiamo Pasqua per festeggiare la vita.
 

1Kg. di farina manitoba

300g. di lievito madre attivo (rinfrescato tre volte)

8 uova

200g. di sugna

130 – 150 g. di acqua

2 cucchiai rasi di sale

1 cucchiaio di pepe


Nel kenwood, frusta a gancio, vel. 1, sciogliere il lievito madre in circa 150 g. di acqua, aumentare la velocità a 2, aggiungere le uova una alla volta. Quando il composto sarà ben amalgamato unire la farina, il sale e il pepe, e la sugna continuare a lavorare. Impastare a velocità 2 per 10 minuti, poi, a velocità 3 per 3 minuti, l'impasto dovrà risultare incordato.

Trasferire su una spianatoia e continuare ancora per un po', a mano, praticare le doppie pieghe, formare un panetto lasciare riposare l'impasto coperto a campana a temperatura ambiente per circa 1 ora.

Schiacciare leggermente la pasta, tagliarla in due parti, una un po' più grande dell'altra (1.200g. e 900 g. circa), quindi dividere ciascuna parte in due pezzi di eguale peso. I pezzi da 600 g. serviranno per la base, quelli più piccoli (450 – 500 g.) per la cupola.

Prendere un pezzo di pasta da 600 g., lasciando gli altri coperti a campana, schiacciare con le mani fino ad ottenere un rettangolo di circa 1 - 2 cm di spessore, arrotolare stretto sui pollici dal lato più lungo, mettere la chiusura sotto, rivoltare premere con i bordi delle mani affiancate creando, proprio sulla chiusura, un incavo lungo tutto il panetto, ripiegare su se dal lato lungo in modo da lasciare la chiusura al centro, allungare rotolando sul piano con i palmi fino alla lunghezza desiderata.

Coprire la striscia cosi ottenuta, lavorare l'altro pezzo allo stesso modo.

Sistemare le due strisce sulla spianatoia, affiancate, sovrapporre la prima sulla seconda. Arrotolare, chiudere mettendo la chiusura sotto.
A parte con i pezzi da circa 500 g. seguire con lo stesso procedimento ottenendo 2 strisce da intrecciare.

Sovrapporre la treccia piccola su quella grande.

Procedere allo stesso modo con gli altri due pezzi di impasto.

Adagiarli in due teglie per casatielli di diametro superiore di 16 cm (diametro base 14 cm altezza 13 cm) unte di sugna.

In alternativa disponendo di teglie per casatielli più basse di diametro 18 cm è possibile (ed esteticamente anche più bello) formare con lo stesso procedimento solo due trecce di circa 1kg. l'una.



 Far lievitare in luogo caldo (forno con la lucetta accesa) coperto (con un foglio formato da più stati di pellicola sovrapposti ed unto o un tovagliolo bagnato e strizzato) fino a che il casatiello non fuoriesca dal bordo della teglia formando la caratteristica cupoletta (nel mio caso circa 12 ore). 







Cuocere in forno già a temperatura a 180° statico per 45 minuti ruotando la teglia a metà cottura ovviamente fa fede la prova stecchino. 
 




 

Lasciare intiepidire il casatiello quindi sformarlo, non attendere troppo, queste teglie trattengono l'umidità.


  

Il casatiello di nonna 

 


La mia Pasqua ha il profumo di vaniglia, millefiori e cannella, il tepore del primo sole di primavera che illumina e riscalda gli stampi allineati in attesa di essere infornati, il sapore robusto e deciso del lievito.

Nonna iniziava ad impastare i casatielli, dolci e salati, e, tra l'uno e l'altro, le pastiere, il mercoledì. La sua cucina era un turbinio di ruoti, di tutte le dimensioni e fogge, alcuni improvvisati, allineati su ogni ripiano utilizzabile, nei quali crescevano i casatielli, protetti e riscaldati dall'abbraccio delle coperte.

Era tutta una crescita.

Nonna impastava, riscaldava, controllava, infornava, riponeva, sistemava ed incartava, poi ti mostrava con orgoglio il pezzo più alto e riuscito, accarezzandolo con gli occhi “guarda, guarda che bello”.

Pastiere e casatielli erano doni graditi, attesi, pensati e preparati con cura ed amore, destinati a persone care. Questi che vedete qui e nei successivi post dedicati alla Giornata Nazionale del Casatiello sono i casatielli che si preparano a Castellammare di Stabia, alti, soffici, ricchi e maestosi, in queste ore gia affollano le vetrine delle panetterie, invogliando all'assaggio ....  Prepararli in casa è un pò lungo ma semplice, la ricetta varia da famiglia a famiglia, e, in mancanza, viene fornita anche in panetteria insieme con la dose di criscito, elemento essenziale dell'impasto, questa è la ricetta della mia famiglia, sono i casatielli di mia nonna ....






1kg. di farina manitoba

300g. di lievito madre molto attivo

½ cubetto di lievito di birra

8 uova

200g. di sugna

130 – 150 g. di acqua

2 cucchiai rasi di sale

1 cucchiaio di pepe

250 g. tra parmigiano e pecorino grattugiati (nella proporzione 2/3; 1/3)

100 g. tra pecorino e parmigiano a pezzetti

200g. di salame a pezzetti

150 g. di cicoli a pezzetti




Nel kenwood, frusta a gancio, vel. 1, sciogliere il lievito madre e il lievito di birra in circa 130 g. di acqua, aumentare la velocità a 2, aggiungere le uova una alla volta, e, quindi, il formaggio grattugiato. Quando il composto sarà ben amalgamato unire la farina, il sale e il pepe, e la sugna, in due, tre riprese, continuare a lavorare. Se l'impasto dovesse risultare troppo duro (cosa che può dipendere dalla capacità di assorbimento della farina o dal peso delle uova usate) aggiungere la restante acqua. L'impasto dovrà risultare compatto, sodo ma morbido. Impastare a vel 2 per 10 minuti, al termine l'impasto dovrà risultare incordato (cioè staccato dalle pareti del Kenwood e aggrappato al gancio). Incorporare a velocità 1, brevemente, il salame, i cicoli e il formaggio a pezzetti.
Trasferire sulla spianatoia e lavorare l'impasto ancora per qualche minuto. Formare una palla. Lasciare riposare l'impasto coperto a campana a temperatura ambiente per circa 1 ora. Adagiarlo in una teglia per casatielli di diametro superire di 24 cm (diametro base 18 cm altezza 13 cm) unta di sugna, o in 3 teglie per casatielli dal diametro di base di 16 cm.

Far lievitare in luogo caldo (forno con la lucetta accesa) coperto (con un foglio formato da più stati di pellicola sovrapposti ed unto o un tovagliolo bagnato e strizzato) fino a che il casatiello non si affacci dal bordo della teglia formando la caratteristica cupoletta (nel mio caso circa 6 ore).
Cuocere in forno già a temperatura a 180° statico per circa  50 minuti  ruotando la teglia a metà cottura, ovviamente fa fede la prova stecchino.

Lasciare intiepidire il casatiello quindi sformarlo, non attendere troppo, queste teglie trattengono l'umidità.



Il lievito madre conferisce morbidezza, sapore ed aroma al casatiello e ne prolunga la durata, ovviamente se molto in forza contribuisce alla lievitazione. Da solo però, anche se molto attivo, non è consigliabile usarlo perchè il casatiello, lo dice la parola stessa, è un casatiello, un impasto pesante pieno di uova, sugna, formaggi, pezzi di salumi (mica uvetta e canditi), hai voglia a sollevare tutto!

Non a caso tutte le ricette di questo tipo di casatiello (che ovviamente variano da famiglia a famiglia), prevedono l'utilizzo combinato di criscito e lievito di birra, yna lievitazione mista.
Se non si dispone di lievito madre molto attivo si può utilizzare del lievito madre semplicemente rinfrescato o una pasta di riporto, una pasta acida, il criscito, che da noi è venduto comunemente in tutte le panetterie, soprattutto nel periodo di Pasqua, aumentando la dose di lievito di birra a 1 pezzetto e ½ (37,5 g.).
 

 

Il  tortano, il pane di Pasqua











Il tortano nasce come pane delle feste, un pane di pasqua, simbolo di ricchezza abbondanza e prosperità, negli ultimi anni però è possibile trovarlo in panetteria, non solo a Pasqua, anche in prossimità delle principali festività e ricorrenze.

Comunque non è un pane comune, da banco, è un pane speciale, completamente ed esclusivamente lavorato a mano in grosse pezzature, decorato con particolare maestria, un tripudio di raffigurazioni fantastiche e reali …. serpenti, creste, spirali, fiori, trecce …. simbolismi, tutti, legati alla tradizione pasquale, il mio è solo un abbozzo :-)

Luccicanti e ambrati si affacciano dalle vetrine come piccoli capolavori, quadri in cornice ….

A Pasqua le vetrine fanno a gara ….

E quanta fatica realizzarli, arrotolarli ben stretti per contenere la forza del lievito chiudendo la trama e l'alveolatura del pane (il mio non è proprio perfettissimo …. bisogna migliorare) fino ad ottenere un prodotto finito soffice e vellutato.

Il tortano è un pane di panetteria, non si fa in casa ….. a meno di non incontrare panettiere così appassionato del proprio mestiere da condividere con gioia ricetta e tecniche di realizzazione.

La passione è condivisione ….

Ecco la ricetta.





500 g. di farina 00 rinforzata

250 g. di lievito madre attivo (rinfrescato 3 volte)

5 g. di sale

250 g. di acqua


per completare

1 uovo intero

2 tuorli





Nella planetaria, frusta a gancio, velocità minima, sciogliere il lievito madre nell'acqua, aggiungere la farina e il sale. Non aggiungere altra acqua, l'impasto deve rimanere abbastanza duro. Aumentare gradualmente la velocità. Impastare per 10 minuti a velocità 1 poi per 2 – 3 minuti a velocità 2. L'impasto dovrà risultare incordato.

Trasferire l'impasto sulla spianatoia e continuare ad impastare a mano, per qualche minuto. Praticare le doppie pieghe. Coprire a campana, lasciare riposare per 1 ora.

Schiacciare leggermente la pasta, tagliarla in due parti di 800 g. e 200 g., quindi dividere ciascuna parte in due pezzi di eguale peso. I pezzi da 400 g. serviranno per il tortano, quelli più piccoli per la decorazione.

Per il tortano. Prendere un pezzo di pasta, lasciando gli altri coperti a campana, schiacciare con le mani fino ad ottenere un rettangolo di circa 1 - 2 cm di spessore, arrotolare stretto sui pollici dal lato più lungo, mettere la chiusura sotto, rivoltare premere con i bordi delle mani affiancate creando, proprio sulla chiusura, un incavo lungo tutto il panetto, ripiegare su se dal lato lungo in modo da lasciare la chiusura al centro, allungare rotolando sul piano con i palmi fino alla lunghezza desiderata. Si fa tutto a mano non deve toccare il mattarello.

Coprire la striscia cosi ottenuta, lavorare l'altro pezzo allo stesso modo.

Sistemare le due strisce sulla spianatoia, affiancate, sovrapporre la prima sulla seconda. Arrotolare, chiudere mettendo la chiusura sotto.
 A parte con i pezzetti da 100 g. seguire con lo stesso procedimento ottenendo 2 o strisce sottili da intrecciare oppure fiorellini, chiocciole ….. i nostri panettieri si sbizzarriscono creando creste, onde, addirittura serpenti, conoscendo la tecnica tutto è possibile. 



Lasciare lievitare separatamente i singoli pezzi per  3 ore e ½ - 4 ore, coperti a campana, in forno con lucetta accesa.




Al termine della lievitazione lucidare il tortano con l'uovo sbattuto, ogni 2 tuorli un uovo, sistemare il pezzettino decorato sul tortano, spennellare con l'uovo.

Cuocere in forno statico già a temperatura a 240°, abbassare a 200° quando si inforna per 30 minuti, gli ultimi 5 minuti, se possibile a valvola aperta (io non sono dotata di questo tipo di forno ma è riuscito bene lo stesso). Ruotare a metà cottura, quando dora passare dal 2° livello al 1° livello del forno. Se necessario, coprire con alluminio per evitare che colori troppo. Comunque deve colorare bene, i tortani sono molto scuri. 






Il gusto dolce è vellutato ne fa l'ideale accompagnamento di salumi e formaggi, da noi tradizionalmente ricotta e salame.




Il tortano

 


Pasqua è alle porte, ormai ci siamo, è tempo di lievitati ....con la primavera la vita torna a rifiorire, dopo l'inverno e il tempo di quaresima, tutto sboccia, lievita, cresce ....
Nella tradizione contadina questo era tempo di festa, i nostri antenati, sentivano forte il legame con la terra, con la vita, e, molto più di noi, la necessità di festeggiare la rinascita della natura con tutte le sue implicazioni e conseguenze.
La rinascita, la nuova vita, va celebrata degnamente con alimenti simbolici, ricchi e nutrienti, che proprio in primavera divengono, nuovamente e più facilmente disponibili, farina, uova, formaggio, insaccati .... questa è l'origine dei pani lievitati di Pasqua.
Tra questi il Tortano "un enorme tarallo, soffice e robusto ... dentro il quale una prodiga mano a sparso ciccioli e formaggio a dadini, pepe e salame tagliuzzato", un tripudio di ingredienti avvolto in una ricca pasta di pane.
impasto
½ litro di acqua
600 g. di farina 00 + 300g. di farina manitoba
30 g. di sale
1 pizzico di lievito di birra (3 g.)
250 g. di lievito madre dopo 3 o 4 ore dal rinfresco
120g. di strutto
ripieno
150g. di prosciutto cotto
150g. di pancetta
150g. di mortadella
150g. di salame
150g. di fontina
150g. di provolone dolce
100g. di cicoli
pecorino grattugiato per spolverare
sugna per ungere
pepe

Sciogliere il lievito di birra nell’acqua fredda. Unire il lievito madre, iniziare ad impastare nella planetaria, frusta a gancio, velocità 2. Dopo qualche minuto unire la farina, il sale e la sugna. Lavorare a velocità 2 per 15 minuti, poi a velocità 3 per 3 minuti, l’impasto sarà ancora morbido ma incordato. Adagiare l’impasto sulla spianatoia spolverata di farina, formare un panetto facendo ruotare l’impasto sui palmi delle mani, far riposare coperto per ½ ora. Al termine, stendere nuovamente con le dita, praticare le doppie pieghe, formare un panetto facendo ruotare l’impasto sui palmi delle mani, far riposare coperto per ½ ora. Dopo quest’ultimo riposo, riprendere l’impasto e stenderlo ancora con le dita, praticare le doppie pieghe, formare di nuovo un panetto facendo ruotare l’impasto sui palmi delle mani.
A questo punto le strade sono due, o si lascia a lievitare coperto (in primavera o in estate a temperatura ambiente, d’inverno nel forno con la lucetta accesa) per 6 ore o si mette in frigo (anche per 48 ore), sempre coperto. Io preferisco la lievitazione naturale, e, quando questa non è possibile, almeno la lunga maturazione, così ho scelto quest’ultima opzione.
Trasferire l’impasto in un capiente contenitore, coprire con pellicola e passare in frigo (anche per 48 ore). Per questioni organizzative di solito non prolungo questo riposo oltre le 36 ore (preparo l’impasto la sera e lo lascio in frigo fino mattina del secondo giorno). Il giorno della preparazione lasciare l’impasto, ancora coperto, a temperatura ambiente per 8 ore (2 perché ritorni a temperatura, 6 perché maturi).
Capovolgere l’impasto su una spianatoia spolverata di farina stendere con le dita, praticare le doppie pieghe, formare un panetto facendo ruotare l’impasto sui palmi delle mani. Lasciare riposare coperto per mezz'ora. Mettere da parte un pezzetto d’impasto che servirà per la decorazione e stendere di nuovo delicatamente con le dita formando un rettangolo di circa 50 cm x 40 cm. Ungere di sugna, spolverare di pepe, coprire con il ripieno (le dosi di ripieno sono, ovviamente, indicative a noi piace molto ricco), spolverare col pecorino grattugiato.
Arrotolare stretto cercando di far uscire tutta l’aria, allungare quanto possibile, formare una grossa ciambella.
Adagiare nella teglia per tortano (25 cm diametro inferiore, 32 cm diametro superiore) unta di sugna, decorare infilando 4 uova sul tortano, posizionate sui bordi, e ricoprendole con due pezzettini d’impasto a mò di croce.
Lievitare coperto in forno con la luce accesa e pentolina d’acqua a bollore (26° – 28°) per almeno 6 ore o, anche di più. Infornare quando ha di gran lunga superato il bordo dello stampo.
Preriscaldare il forno a 180°, ungere di olio o sugna il tortano (io ho preferito semplicemente inumidire leggermente la superficie con acqua).
Cuocere in forno statico a 180°per 1 ora e ¼ , 1 ora e ½ , controllare la cottura.

La ricetta è di Antonino Esposito
La definizione del tortano come enorme tarallo è di Mario Stefanile "Partenope in Cucina", citato qui.


La pastiera


Non si conoscono le origini della pastiera, densa com'è di simbolismi legati al rinnovamento, alla vita,  sicuramente si riallaccia ai culti ancestrali della fertilità e della rinascita, come del resto il tortano e i casatielli. 
Uova, formaggio, grano, da soli o combinati insieme, sono e rappresentano vita, vita che nasce, che si rinnova, vita da offrire.
Il dolce, almeno nella versione moderna, pare sia nato  in uno dei tanti conventi di Napoli, frutto della maestria e della devozione di una suora pasticcera.
Devozione, perché la pastiera è un dolce che non si improvvisa, necessita di cura, attenzione, tempo e pazienza,  tanta pazienza nell'attendere che che maturi,  che gli ingredienti e gli aromi si fondano sprigionando gli inconfondibili, deliziosi umori, un nettare,  che non può non strappare un sorriso di piacere anche alla più fredda sovrana asburgica.
"A Napule regnava Ferdinando
Ca passava e’ jurnate zompettiando;
Mentr’ invece a’ mugliera, ‘Onna Teresa,
Steva sempe arraggiata. A’ faccia appesa
O’ musso luongo, nun redeva maje,
Comm’avess passate tanta guaje.
Nù bellu juorno Amelia, a’ cammeriera
Le dicette: “Maestà, chest’è a’ Pastiera.
Piace e’ femmene, all’uommene e e’creature:
Uova, ricotta, grano, e acqua re ciure,
Mpastata insieme o’ zucchero e a’ farina
A può purtà nnanz o’Rre: e pur’ a Rigina”.
Maria Teresa facett a’ faccia brutta:
Mastecanno, riceva: “E’ o’Paraviso!”
E le scappava pure o’ pizz’a riso.
Allora o’ Rre dicette: “E che marina!
Pe fa ridere a tte, ce vò a Pastiera?
Moglie mia, vien’accà, damme n’abbraccio!
Chistu dolce te piace? E mò c’o saccio
Ordino al cuoco che, a partir d’adesso,
Stà Pastiera la faccia un pò più spesso.
Nun solo a Pasca, che altrimenti è un danno;
pe te fà ridere adda passà n’at’ anno!”

Non esiste la ricetta della pastiera, ogni famiglia ha la sua pastiera con sapori, aromi e consistenze proprie, specifiche

È un dolce più di casa che di pasticceria.
C’è chi la preferisce ben cotta, chi, invece, più pallidina, chi assolutamente alta, chi, al contrario, solo bassa, chi più umida, chi asciutta, chi “per carità il grano va frullato”, chi abbonda con la cannella e chi ritiene che proprio li non debba andare, ed infine, c’è chi la preferisce con la doppia crema. 
Io sono affezionata ai sapori della pastiera di mia nonna che, ovviamente, si atteneva ad una ricetta che però variava ed aggiustava ad occhio, nell’impossibilità di riprodurla tal quale, negli anni ho sviluppato una mia ricetta che riproduce quei profumi e quelle consistenze ai quali in casa siamo affezionati. 
La ricetta è quella tradizionale, con qualche variazione,  la cottura fa la differenza, la mia pastiera risulta croccante e ben cotta all’esterno ed umida, sugosa ma compatta all’interno,  a noi piace :-)

 
pasta frolla per pastiere di Francesca
1 kg. di farina
6 uova (5 tuorli e 1 intero)
300 g. di zucchero
500 g. di burro
2 bustine di vanillina (in questa versione ho usato i semini di mezza bacca di vaniglia)
la scorza grattugiata di un limone
1 guscio d’uovo di latte
un pizzico di sale
Nel Kenwood, frusta K, velocità 1 – 2, amalgamare velocemente il burro (freddo) a pezzetti con la farina fino ad ottenere uno sfarinato, unire lo zucchero, l’uovo, i tuorli e il sale, azionare ancora la planetaria a velocità 1 – 2 per pochi secondi giusto il tempo di compattare il tutto aggiungendo, se necessario, a filo circa un guscio d’uovo di latte freddo, si otterrà un impasto compatto ma ancora bricioloso. Avvolgere la pasta frolla in una pellicola di plastica e far riposare in frigo per circa un’ora finché non si sarà rassodata.
ripieno
1 lattina di grano per pastiere da 420 g.
100g. di latte
30 g. di burro
la buccia grattugiata di un limone
700g. di ricotta vaccina ben scolata
600g. di zucchero
5 uova intere e 2 tuorli
2 bustine di vanillina (in questa versione ho usato i semini di mezza bacca di vaniglia)
2 fialette di millefiori
un pizzico di cannella
la buccia grattugiata di mezzo limone
150 – 200 g. di frutta candita intera
Versare in un tegame 100g. di latte, 30g. di burro, il contenuto della lattina di grano e la buccia grattugiata del limone. Cuocere a fuoco moderato per circa 10 minuti mescolando. Si otterrà una crema. Raffreddare. Montare (con lo sbattitore elettrico) la ricotta con lo zucchero fino ad ottenere un impasto molto omogeneo e fine. Unire sempre montando le uova, una alla volta, la vanillina, il contenuto delle fialette di millefiori, un pizzico di cannella e la scorza grattugiata di limone. Lavorare bene. Solo alla fine unire la crema di grano e i canditi precedentemente ridotti a pezzettini amalgamare ancora per un minuto.
Stendere la frolla, con essa foderare 3 teglie da pastiera (2 da 24 cm e 1 da 20 cm di diametro inferiore, o 2 da 28 cm) precedentemente imburrate, versarvi il ripieno facendo attenzione a non raggiungere il bordo della teglia (occorre fermarsi circa un dito sotto al bordo), decorare con striscioline di pasta frolla formando il classico motivo decorativo. Cuocere in forno statico a 180° per circa un’ora avendo cura di ruotare le teglie a metà cottura, coprire con alluminio se le pastiere dovessero scurirsi troppo.
Sfornare e lasciare raffreddare. La pastiera come è noto avrebbe bisogno di 3 giorni di riposo per permettere ai suoi aromi di amalgamarsi e fondersi in un’unica fragranza, avrebbe.... nella mia cucina di solito almeno una non riposa, semplicemente raffredda.
Ovviamente residuerà della pasta frolla (è preferibile non dimezzare la dose) che potrà essere congelata ed utilizzata in seguito come ottima base per crostate.



 Buona pasqua a tutti!!!



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